Dieta per Fibromialgia: cosa mangiare e cosa evitare

Oggi la redazione di NutriBees ha chiesto alla Biologa Nutrizionista Carmelinda Pasqualetto di dare qualche consiglio su cosa mangiare e quale dieta seguire nel caso in cui si soffrisse di fibromialgia. Scopriamo cosa ci ha detto e quale tipo di alimentazione è più corretta in questi casi.

La fibromialgia è una malattia caratterizzata da un’ infiammazione cronica silente del tessuto connettivo dove quindi nervi, muscoli e tendini sono infiammati. Da ciò ne derivano sintomi come dolori intensi e diffusi, disturbi dell’umore e del sonno, stanchezza cronica, rigidità articolare e muscolare e  altre problematiche funzionali: sintomi che ne rendono difficile la diagnosi.

Le cause della fibromialgia non sono ancora chiare, tuttavia, essendo una malattia caratterizzata da un’infiammazione cronica silente, alcune condizioni sembrano contribuire a sviluppare questa malattia. Tra questa rientrano il sovrappeso, l’obesità, la mancanza di sonno, traumi, sforzi ripetuti, elevato stress psicofisico e, ad oggi, sempre più studi confermano l’importanza del microbiota intestinale nella genesi della patologia. 

Ma come può l’alimentazione influire su una patologia così invalidante e dolorosa? Un’alimentazione antinfiammatoria è alla base di tutte le patologie; ovviamente ogni patologia avrà poi le sue specifiche determinanti ma una dieta antinfiammatoria di base può essere d’aiuto per la regressione dei sintomi di molte patologie a carattere infiammatorio.

fibromalgia


Prima di capire come l’alimentazione possa influenzare positivamente la salute di un soggetto fibromialgico è necessario capire un attimo quali sono i mediatori che intervengono nel nostro corpo durante un’infiammazione: 

  • Mediatori preformati: cioè che già esistono e che vengono conservati in “serbatoi” che si aprono in caso di necessità. Troviamo, ad esempio, la serotonina e l’istamina. Quest’ultima viene rilasciata inoltre in caso di allergie alimentari e intolleranze. Da ciò ne consegue una risposta infiammatoria che si può sommare a quella già presente nei soggetti con malattie infiammatorie come la fibromialgia.  In questi soggetti la dieta deve prevedere l’eliminazione di alimenti ricchi di istamina e di quelli che ne stimolano il rilascio (solanacee, funghi, agrumi, spinaci, affettati, formaggi stagionati, albume d’uovo, tonno, aringhe, sarde, frutta secca, birra, vino, cacao e cioccolato, aceto). 
  • Mediatori che devono essere formati al momento del bisogno: si tratta di prostaglandine, leucotrienti, specie reattive dell’ossigeno, citochine.

La formazione di questi mediatori è fondamentale affinché la risposta infiammatoria vada a buon fine. Tuttavia, nel caso in cui l’infiammazione sia cronica, questi stessi mediatori diventano pericolosi per il nostro organismo, causando essi stessi il persistere dell’infiammazione.

L’alimentazione può influire sull’infiammazione per diversi motivi:

In primo luogo, alcuni dei mediatori prima indicati (prostaglandine, leucotrieni, citochine) vengono prodotti su stimolo dell’alimentazione. Quello che è interessante notare è che sia prostaglandine e leucotrieni derivano dagli acidi grassi essenziali appartenenti sia alla serie Omega 6 sia alla serie Omega 3. Come ribadito da innumerevoli studi, quello che conta non è l’introduzione di un certo valore assoluto di Omega quanto piuttosto il loro rapporto. 

In caso di patologie infiammatorie potrebbe essere utile sbilanciare temporaneamente il rapporto a favore degli Omega 3, per favorire la produzione di prostaglandine e leucotrieni di sostegno a reazioni antinfiammatorie. In questi casi è consigliabile il supporto di integratori di alta qualità in quanto la biodisponibilità di omega3 nel cibo e  perfino con gli integratori è alquanto limitata: si deteriorano con la cottura, con l’esposizione alla luce, all’aria e perfino spontaneamente in relazione al tempo di conservazione. 

Delle buone fonti ittiche di omega 3 sono rappresentate da aringhe, naselli, sogliole, sardine, alici in quanto proporzionalmente alle loro dimensione non presentano elevate concentrazioni di mercurio come nei pesci di grossa taglia . 

Un fattore importante nella formazione dell’infiammazione sistemica silente  come quella che caratterizza la fibromialgia è un’alta presenza di radicali liberi; questa condizione di squilibrio è definita “stress ossidativo” e non fa altro che innescare un nuovo processo infiammatorio generando  una cascata di radicali liberi creando quindi un circolo vizioso. Il nostro corpo possiede una serie di sistemi antiossidanti endogeni (catalasi, glutatione) ma in nei soggetti con infiammazioni croniche questi sono carenziali e diventa essenziale fare scorta dei micronutrienti che li costituiscono (il ferro per la catalasi, zingo e manganese per la glutatione, etc).  D’altro canto alimenti freschi, come frutta e verdura, sono delle fonti preziose di antiossidanti esogeni come i carotenoidi,  i polifenoli, alcune catechine come quelle contenute nel thè verde, gli isotiocianati (in aglio, broccoli, grano saraceno…); la vitamina C e la vitamina E.

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Purtroppo a volte anche le troppe verdure potrebbero creare infiammazione se si esagera con le fibre insolubili in un  intestino infiammato o se si esagera con verdure molto concimate

E’ molto importante evitare tutti i tossici , tipo conservanti e additivi, in quanto ad oggi non sono state verificate le safety a lungo termine.

Alcuni ormoni, come insulina,  influenzano l’infiammazione e sono a loro volta influenzati dal modo in cui ci nutriamo. Evitare i picchi glicemici significa suddividere l’introito calorico in tanti piccoli pasti completi , optando per fonti di carboidrati integrali , naturali,  a basso indice e carico glicemico. Ottimi i cereali in chicchi, magari senza glutine, riso di qualsiasi tipo (limitando fortemente quello bianco), orzo e farro, quinoa, miglio, amaranto e grano saraceno. Eliminare i farinacei (pane, pasta, prodotti da forno), eliminare zuccheri semplici e prodotti industriali; limitare fortemente il consumo di latte e derivati (sono alimenti che, pur non innalzando la glicemia, richiedono una cospicua produzione di insulina). Glutine e lattosio sono molecole che creano di loro una low grade inflammatione quindi è meglio mangiarli il meno possibile. 

 Queste indicazioni sono comunque delle linee guida generali in quanto, essendo la fibromialgia una malattia plurifattoriale e aspecifica, va cucito un vestito addosso a ogni paziente in base agli sviluppi della malattia.

Non tutti i pazienti sono uguali e non tutti i pazienti possono essere timbrati con il timbro della fibromialgia e trattati allo stesso modo. 

Questi sono i contatti della Dott.ssa Pasqualetto per chi fosse interessato a ricevere un suo consulto:

Dott.ssa Carmelina Pasqualetto (Biologo Nutrizionista)
www.dna-milano.it