10 regole per leggere bene le etichette
Andrea Fabbri, esperto di nutrizione e personal trainer, ci ha spiegato come leggere correttamente le etichette e scegliere i cibi migliori per un’alimentazione sana e bilanciata.
Leggere le etichette: partiamo dalla spesa
“L’ ’UOMO E’ ’CIO CHE MANGIA” scrisse Ludwig Feuerbach nel 1862, mai frase fu più adeguata per descrivere lo stretto rapporto che esiste tra l’alimentazione ed il nostro “essere”.
Non ho usato volutamente la parola “corpo” perchè sarebbe troppo riduttiva; il cibo è come un farmaco, forse il farmaco più potente che esiste, induce variazioni nella nostra composizione corporea, nel nostro umore, nelle nostre difese immunitarie, nel nostro sistema nervoso ed ovviamente ha un fortissimo impatto sociale.
Da quella citazione numerosi studi hanno confermato l’associazione alimentazione/stato di salute,. Ormai è assodato che per un’ottimale stato di salute è essenziale seguire una corretta alimentazione ed un stile di vita attiva.
Una sana alimentazione parte dalla qualità degli alimenti che abbiamo in cucina e quindi dalla spesa. Dobbiamo cercare di sfruttare tutte le informazioni in nostro possesso per cercare di portare a casa meno cibi spazzatura possibile e soprattutto fare una selezione consapevole.
Ovviamente non possiamo essere tutti nutrizionisti, medici o dietisti per avere le competenze necessarie, ma come detto in precedenza abbiamo uno strumento troppo spesso ignorato o sottovalutato: le ETICHETTE.
Senza entrare troppo in tecnicismi legali, dobbiamo sapere che l’etichetta inizialmente è nata ovviamente a scopi commerciali, per distinguere i prodotti sul mercato; ma con l’evoluzione della figura del consumatore, da semplice fruitore di bene e servizi a soggetto titolare di diritti (uno fra tutti il diritto alla Salute), è diventata un potente strumento di comunicazione e di trasparenza.
L’etichetta deve obbligatoriamente riportare alcune informazioni ben visibili e leggibili.I produttori la sfruttano per rendere più appetibili i loro prodotti, ma noi possiamo utilizzarla per fare delle scelte più consapevoli e non comprando solamente fidandoci del marchio o facendoci influenzare dalle immagine.
In questo articolo cercherò di darvi alcuni spunti su come selezionare i prodotti alimentari e come riconoscere eventuali messaggi non veritieri.
Leggere bene le etichette: la lista degli ingredienti.
Il primo passo è verificare la natura degli ingredienti e la loro quantità. Non tutti sanno che l’elenco è in ordine decrescente. Questo vuol dire che:
- dovremmo scartare tutti quei prodotti che ai primi posti riportano lo zucchero
- se sto per comprare un prodotto a base di X, mi dovrei aspettare che X sia ai primi posti
- posso verificare la presenza di conservanti o coloranti
- posso verificare l’effettivo contenuto in % di carne se sto comprando un prodotto a base di quest’ultima
Nell’ esempio 1 Vi riporto due etichette differenti di due creme alla nocciola di marche differenti
Tu quale sceglieresti?
Esempio 2:
WAFER ALLA FRAGOLA:
Ma le fragole dove sono??
Esempio 3: bevande analcoliche o succhi di frutta.
Queste bibite possono apportare tra i 10 ed 100 g di zucchero nel caso di 1 litro!!!Mangeresti mai 10 cucchiai di zucchero?
Esempio 4: barretta sostitutiva di un pasto: ma tu prepareresti un pasto con tutti questi zuccheri?
Attenzione agli zuccheri nascosti
Spesso troviamo sull’etichetta la scritta promozionale “senza zucchero”, ma non bisogna mai fidarsi.
Lo zucchero può essere sostituito da altre voci come:
- sciroppo di glucosio
- sciroppo di fruttosio
- maltosio
- amido di mais
- sciroppo di cereali
- destrosio
Queste sostanze hanno un alto indice glicemico, quindi in grado di aumentare il rilascio di insulina (responsabile dell’aumento di peso), che le rende del tutto identiche al saccarosio (lo zucchero da cucina).
Preferire prodotti che riportano succo di uva, succo di mela o fruttosio puro.
Occhio anche ad alcune etichette che possono indurre in errore: per esempio alcuni succhi di frutta riportano un’indicazione 100% di origine naturale. Un consumatore poco attento potrebbe pensare che sia un succo al 100% di frutta senza zuccheri aggiunti.
Ma guardiamo l’etichetta:
Un capitolo a parte meritano i dolcificati artificiali ed il fruttosio.
- Tra i dolcificanti troviamo spesso l’aspartame (E951), ha un forte potere dolcificante superiore alla saccarosio (zucchero di cucina), ha lo stesso potere calorico (4 Kcal/g) ma se ne usa molto meno, ha un impatto nullo o minimo sulla glicemia.
Questo composto meriterebbe un articolo a parte, ma qui mi limiterò a sintetizzare il fatto che una certa preoccupazione su una possibile associazione con un aumento del rischio per alcune forme di cancro nella comunità scientifica esiste.
Alcuni studi confermano queste preoccupazioni, altri sono più rassicuranti.
L’EFSA (l’Autorità europea per la Sicurezza Alimentare) ha fissato l’assunzione giornaliera accettabile (DGA o ADI) per l’aspartame a 40 milligrammi (mg) per chilogrammo (kg) di peso corporeo .
Per la FDA americana lo considera sicuro fino a 50mg/ Kg. Per superare tali quantità si dovrebbe consumare un’enorme dose di dolcificante.
Le bevande analcoliche senza zuccheri, ad esempio, contengono circa 100-130 mg di aspartame per lattina; pertanto, servirebbero più di 30 lattine al giorno per superare la dose giornaliera accettabile.
La domanda sorge spontanea, fa più male l’aspartame o le bibite ed i dolciumi dove è contenuto?
Sicuramente non vi sono dubbi sul fatto che lo zucchero “uccide” più dell’aspartame.
Come ridurre gli zuccheri nella dieta?
Come comportarsi? Sicuramente riducendo il consumo dello zucchero e di alimenti che lo contengono, fatto questo non saranno certo piccole quantità di dolcificanti consumati saltuariamente a rovinarci la salute…occhio che ho scritto saltuariamente, ricordati che la tossicità di qualsiasi cosa dipende dalla dose!! se già siamo abituati a consumare una coca ai pasti, poi ci aggiungiamo dei biscotti a colazioni, uno snack a merenda, ecco che come si dice: “la somma fa il totale!”.
- Il fruttosio è diventato famoso per il suo potere dolcificante superiore al saccarosio e come zucchero degli sportivi in quanto non stimola il rilascio dell’insulina per il suo basso indice glicemico.
Consumare zuccheri ad alto indice glicemico prima di un’attività sportiva può comportare un’ipoglicemia di rimbalzo proprio durante lo sforzo fisico causando ansia, nausea, sudorazione, ridotta coordinazione motoria.
L’indice glicemico è collegato anche ad altre complicanze metaboliche (sovrappeso, obesità, ipertrigliceridemia, diabete) così i produttori hanno cavalcato questo fattore per pubblicizzare la sostituzione dello zucchero con il fruttosio, anche nei prodotti per i bambini, ti ricordi lo spot: il The con poca teina e con fruttosio!!
Peccato che anche qui vale lo stesso discorso per l’aspartame, è la somma a fare il risultato.
Se il mercato si riempe di prodotti contenenti fruttosio, sarà facile raggiungere una “dose” tale da amplificare più gli effetti negativi rispetto a quelli positivi, soprattutto se si conduce una vita sedentaria.
Superata una certa soglia il fruttosio:
- viene trasformato in grasso ed aumenta i trigliceridi
- non stimola il senso di sazietà quindi è più facile abusarne ed avendo quasi lo stesso potere calorico dello zucchero portare a sovrappeso ed obesità
- può portare a danni al fegato
Come comportarsi? Sicuramente Si al fruttosio naturalmente presente nei cibi come la frutta e No a quello puro, se non per specifiche esigenze.
Leggere bene le etichette: i grassi.
Se nell’etichetta troviamo scritto SENZA GRASSI facciamo attenzione che non vi siano riportati MONO e DIGLICERIDI DEGLI ACIDI GRASSI, perchè questi composti vengono metabolizzati dall’organismo come grassi.
Quindi come comportarsi con i grassi?
- Sicuramente bisogna preferire alimenti contenenti GRASSI MONO-POLINSATURI.
- Occhio poi ai grassi vegetali come STRUTTO e MARGARINA che per esempio vengono utilizzati come due ingredienti distinti ma appartengono entrambi alla categoria dei grassi.
- Attenzione ai GRASSI IDROGENATI ed a OLI/GRASSI VEGETALI NON SPECIFICATI.
- I grassi IDROGENATI subiscono un trattamento chimico che li rende simili ai grassi SATURI. Sono aterogenici (portano a formazione delle placche nei vasi sanguigni) aumentando il rischio di patologie cardiovascolari: alzano il colesterolo cattivo (LDL), diminuiscono il colesterolo buono, lo “spazzino”, (HDL), aumentano i trigliceridi.
Tuttavia vengono comunque utilizzati perchè:
- sono più economici
- i grassi vegetali godono di buona fama, rispetto a quelli animali
- hanno un periodo di conservazione lungo, non irrancidiscono
Quindi attenzione a distinguere i grassi VEGETALI BUONI (olio di oliva, di lino, di girasole, di sesamo, di mai,s, di arachidi, di soia) quelli IDROGENATI o NON SPECIFICATI (grassi tropicali, olio di palma, di cocco, di colza).
Leggere bene le etichette: conservanti e additivi.
Di solito presenti alla fine dell’elenco, evitarli è pressoché impossibile. Essi vengono utilizzati per migliorare la conservazione e per rendere più appetibili ed invitanti i prodotti, ma non hanno alcun valore nutrizionale e non sono sempre innocui.
La lettera E indica che l’additivo in questione è permesso in tutti i Paesi dell’Unione Europea mentre il numero che segue ne definisce la categoria di appartenenza:
- Coloranti (da E100 ad E199): donano all’alimento una particolare colorazione migliorandone l’aspetto
- Conservanti (da E200 ad E299): impediscono lo sviluppo di batteri, lieviti e muffe, aumentando il tempo di conservazione dell’alimento e rallentandone il processo deterioramento
- Antiossidanti (da E300 ad E322): evitano il l’ossidazione dell’alimento impedendo che il suo colore cambi o si scurisca.
- Correttori di acidità ( da E325 ad E385): donano all’alimento un gusto acidulo
- Addensanti, emulsionanti e stabilizzanti (da E400 ad E495): migliorano la consistenza del cibo, aumentando l’aggregazione degli ingredienti che altrimenti tenderebbero a separarsi
- Aromatizzanti: donano agli alimenti specifici odori e sapori. La legge italiana prevede la loro indicazione in etichetta con il termine generico di “aromi”. Possono essere naturali o artificiali. Nella prima categoria rientrano alimenti come aceto, limone, zucchero e derivati, alcol, olio e sale.
Tra i conservanti troviamo i NITRATI (E249, E250) ed i NITRITI (E251, E252), utilizzati nelle carni trasformate, salumi ed insaccati. I Nitrati in piccole dosi non sono pericolosi, mentre i Nitriti legandosi alle ammine (vino, tonno in scatola, pesce, salsicce, salumi) formano le NITROSAMMINE, considerate potenzialmente cancerogene.
Leggere bene le etichette: il sale
L’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha emanato nel 2013 delle linee guida sul consumo di sodio e per la prima volta si è occupata di emanare delle indicazioni relative al potassio. Gli adulti non dovrebbero consumare più di 2000 mg di sodio al giorno (5 grammi di sale).
Il sale “uccide”…65% delle persone ingerisce ogni giorno circa il doppio del massimo del sodio ammesso Solo il 20% viene dal condimento, mentre l’80% lo troviamo già negli alimenti che consumiamo. Ogni anno muoiono nel Mondo a causa del sale ben 2.300.000 persone.
Dove si trova il sodio? In quantità molto più elevate, in alimenti trasformati, come pane (circa 250 mg/100 g), salatini (circa 1.500 mg/100 g) o condimenti quali la salsa di soia (circa 7.000 mg/100 g).
Ricorda che 1g di SALE corrisponde a 0,4g di SODIO, quindi quando vedi sull’etichetta la quantità di sodio devi moltiplicarla per 2,5 per ottenere la quantità di sale.
Le conseguenze del Sodio sono:
- Facilita la comparsa (e l’aggrava se è presente) dell’ipertensione arteriosa, con conseguenti danni cardiocircolatori.
- Favorisce gli edemi (ritenzioni idriche).
- Favorisce e aggrava i danni renali.
- Negli ipertesi riduce l’effetto dei farmaci ipotensivi provocando resistenza a questi farmaci.
- Favorisce l’ictus.
- Favorisce l’ipertrofia cardiaca.
- Favorisce l’osteoporosi.
- Favorisce la calcolosi renale.
- Favorisce sovrappeso e obesità. Infatti il cibo salato mette sete, e questo spinge molti giovani a bere bevande dolci.
- Può aumentare il rischio di cancro allo stomaco
Utilizza spezie ed erbe aromatiche per insaporire i cibi e per ridurre l’aggiunta di sale.
Leggere le etichette: gli alimenti integrali
Anche in questo caso il mercato è stato molto sensibile alle richieste salutari del consumatore.
Riassumo in breve i vantaggi dei prodotti integrali ricche di fibre:
- la dieta è più completa di nutrienti, compresi vitamine e minerali, contenuti maggiormente nelle bucce e nelle parti esterne;
- minor rischio di malattie cardiovascolari (il 20% per cento di probabilità in meno);
- migliore controllo dell’aumento di peso fisiologico (quello cui andiamo tutti incontro dai 40 anni in su, per le modifiche del metabolismo) e quindi minore rischio di soprappeso e obesità;
- rischio inferiore di ammalarsi di diabete;
- migliore composizione del grasso corporeo: chi consuma cereali raffinati ha più grasso viscerale, quello sul girovita, maggiormente associato alle malattie cardiovascolari.
La raffinazione è un processo che comprende una serie di trasformazioni alimentari capaci di eliminare determinate sostanze o parti di alimento, per concentrare sempre più le proprietà di interesse. Durante la raffinazione della farina, per esempio, si asportano il germe e la parte esterna del chicco. Purtroppo, però, allo stesso tempo si eliminano anche alcuni nutrienti importanti per l’organismo.
I prodotti integrali lo sono tutti realmente?
Guarda bene l’etichetta, anche in questo caso può esserti di aiuto.
La farina integrale deve essere il primo ingrediente. Attenzione alle farine bianche con aggiunta di crusca, quest’ultima serve solo a dare quell’aspetto tipico di un alimento non trattato.
Esempio di finto integrale:
Esempio di vero integrale…anche se un po di crusca l’hanno sempre aggiunta…
Comparazione tra farina bianca e farina integrale
Vorrei concludere con un argomento da bar, in tutti i sensi: differenza tra zucchero di canna e zucchero integrale.
Lo zucchero integrale di canna non deve essere confuso con lo zucchero grezzo di canna. Quest’ultimo è molto diffuso nel mercato, ha subito il processo di raffinazione, e quindi è molto simile a quello ottenuto dalla barbabietola. Il suo colorito giallo-beige non deve ingannare, è ottenuto dall’addizione di piccole quantità di melassa o caramello. Rispetto allo zucchero tradizionale, quello integrale di canna contiene una minore percentuale di saccarosio, è più ricco di sali minerali (calcio, fosforo, potassio, zinco, fluoro, magnesio) e vitamine (A, B1, B2, B6, C). Il potere calorico è leggermente inferiore, tant’è vero che 100 grammi di zucchero di canna integrale apportano 356 calorie, contro le 392 del tradizionale saccarosio. Quindi lo zucchero di canna non sempre è sinonimo di maggiore qualità.
Ora sai che quando vai a fare la spesa puoi contare su un alleato in più, l’etichetà può darti informazioni preziose ed aiutarti a fare scelte più consapevoli e salutari.
Buona spesa.
Andrea Fabbri è laureato in nutrizione e personal trainer.
email: andreafabbri.pt@gmail.com